Inyoshedo
Il vecchio Inyoshedo si alzò di malumore, quella mattina.
Aveva dormito male. Un brutto sogno aveva agitato il suo sonno. E un brutto
sogno, si sa, è come una tempesta che travolge il mare. Anche quando è finita,
le acque rimangono torbide a lungo. Qualcosa sarebbe accaduto. Presto.
Karen
Provò ancora una volta a chiudere la valigia, con uno
sbuffo. Aveva messo l’indispensabile, quello di cui proprio non poteva fare a
meno, ma sembrava che non fosse ancora abbastanza. A malincuore decise di togliere
il busto in marmo della prozia. Finalmente i ganci della valigia scattarono.
Samantha
A Samantha non piaceva quel tipo. Quello, sì, lo sbirro. Lo
aveva visto subito, lo aveva notato
subito: quello non era uno sbirro qualunque, nossignore. Quello era un signor
sbirro. Non era di quelle parti, non avrebbe dovuto interferire, eppure lo
avevano lasciato fare. Doveva essere un tizio importante. Bah.
Frank
Era resistito alle turbolenze dell’atterraggio. Ed era
ancora vivo. L’unico pensiero che gli aveva permesso di trattenere il vomito
era stato il premio. Il premio che gli era stato conferito per l’eroico
salvataggio del tizio-gabbiano. Una crociera da sogno. «Pacifico sto
arrivando!».
George
George fu dimesso dall’ospedale dopo tre settimane. Non era
ansioso di tornare a casa. Non era ansioso nemmeno di andare da qualche parte
in particolare. Non era ansioso e basta, ecco.
Luke
Viveva in una casa abbandonata, alla periferia della città.
I poliziotti lo cercavano ancora, di sicuro, ma lì non avrebbe avuto problemi
per un po’. Doveva rintracciare quell’uomo. Maledetto. Gli aveva rubato la
gioventù, ma ora avrebbe finalmente pagato per questo.
Lara
Viveva in una casa malandata, alla periferia della città.
Era ora di fare pulizia. Era ora di cambiare vita. Non aveva mai avuto
abbastanza coraggio per farlo, non aveva mai avuto abbastanza determinazione, non
aveva mai avuto abbastanza soldi per comprare un orologio. Ma ora aveva
quell’orologio, finalmente. Non avrebbe più perso nessun autobus, né treni, né
taxi. Fece la valigia, scrisse una lettera.
Clarissa
Viveva in una casa ben arredata, vicino al centro città.
Clarissa Dalloway amava quelle spesse mura bianche. E il giardino.
Quell’immenso giardino con al centro una fontana di pietra grigia. Ah, non
avrebbe potuto desiderare di più. Eppure, ogni volta che camminava lungo il
vialetto di quello straordinario giardino, non poteva fare a meno di ripensare
ai bei tempi andati, a Bourton, a Peter e Sally. Ah, bei tempi, quelli. Non
poteva fare a meno di provare una certa malinconia. I rintocchi del Big Ben la
distolsero dai suoi pensieri. Non avrebbe dovuto essere così scortese con
Peter. E forse nemmeno con quel… quel… vagabondo? Spazzino? Mendicante?
Giornalaio? Ad ogni modo, non avrebbe dovuto essere scortese affatto. Doveva
essere la perfetta padrona di casa. Doveva ultimare i preparativi per il party.
Doveva comprare dei fiori.
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