Tramonto
L’autobus inchiodò sbuffando davanti alla fermata,
una sagoma scura stagliata contro il tramonto delle 6.30. La portiera si aprì
con un cigolio.
«Biglietto o abbonamento.»
«Lo sai
che non ce l’ho, Jo. Non me lo posso permettere.»
«Mm.» Il
disco arancione del sole si rifletteva negli occhiali scuri dell’autista,
mentre lo squadrava dall’alto in basso. «Dai, sali» sospirò, «ma è l’ultima
volta, eh. Che poi mi fanno storie se lascio salire la gente senza biglietto.»
«Ok, ok
Jo. Grazie, sei un amico.»
L’autobus
ripartì sbuffando lungo la via illuminata dagli ultimi bagliori del tramonto.
Traffico
«Mi scusi, manca ancora molto alla stazione?»
Karen iniziava a spazientirsi. Guardò l’orologio: le una e venti. Da diversi
minuti erano bloccati nel traffico, e la strada non accennava a liberarsi.
«Mah,
saranno dieci minuti» rispose il tassista. «Dieci-dodici minuti. Facciamo
quindici, va’. Che ce la prendiamo con calma, con questo traffico.» Sbadigliò.
«Ma dove corre tutta ‘sta gente poi, vorrei proprio saperlo.»
Tristezza
L’autobus era vuoto.
Avanzò
stanco tra le due file di sedili. Era stata una giornata dura. Dura e fredda
come il pavimento della piazza su cui era stato seduto tutto il giorno.
No, si
era sbagliato, l’autobus non era vuoto: una signora di mezza età sedeva nel
penultimo sedile a destra. Stringeva a sé una borsetta rosa.
«’Sera»
disse lui passandole accanto. Non ottenne risposta. Si accorse che stava
singhiozzando. «Signora, va tutto bene?»
La donna
si voltò a guardarlo, gli occhi arrossati dal pianto e le guance rigate di
lacrime. Lui frugò un attimo nella tasca della giacca e ne estrasse un
fazzoletto. Glielo porse.
Tanto
traffico
«Mi scusi, ma quindici minuti sono passati. E non
ci siamo mossi.» Karen era spazientita.
«E chi le
ha detto che ci saremmo mossi? C’è traffico non vede? Come facciamo a muoverci
se c’è così traffico, me lo spiega?»
«Me l’ha
detto lei che saremmo arrivati in dieci minuti alla stazione! Io devo essere là
fra dieci minuti! Dieci minuti contati. Ho un treno da prendere, io.»
«Buon per
lei che prende il treno. Io invece sono qui e mi tocca guidare il taxi. E per
di più in mezzo al traffico. Certo che la vita è ingiusta, non crede?»
Trovare la
strada giusta
La donna ora non piangeva più, e sul suo volto era
riaffiorato un timido sorriso. In compenso aveva dato fondo a tutta la sua
scorta di fazzoletti, che ora giacevano appallottolati in una montagnola sotto
i sedili.
«Oh, la
ringrazio» stava dicendo, «la ringrazio davvero. Non so proprio come avrei
fatto senza di lei. Sa, gli ultimi fazzoletti li avevo usati giusto ieri,
sull’urbano delle sedici e quaranta. Se mi fossi fermata prima per comprarli
non sarei riuscita a prendere l’autobus.» La voce le tremò un poco. «Sa, adesso
non perdo più nessun autobus.» Gli mostrò l’orologio che aveva al polso.
«Nossignore, nemmeno un autobus.» Sorrise beata.
«Ehm..
d’accordo signora. Felice di essere stato d’aiuto. È sicura che adesso è tutto
a posto?»
«Sì, sì,
certo. Non si preoccupi. È stato davvero gentile, non la ringrazierò mai
abbastanza.»
«Vuole
che l’accompagno a casa? Se mi dice dove abita posso -»
«No, non
ce n’è bisogno, davvero. No grazie, davvero. Io non… Non sto tornando a casa a
dir la verità.» Con una mano si scostò una ciocca di capelli biondi.
«Oh, e
dove va allora?»
«Io… io…»
Gli occhi le erano ritornati lucidi. «È proprio questo il punto. Io… io non lo
so dove sto andando.» Le lacrime ricominciarono a scendere sulle sue guance
arrossate. «Cioè, so dove vorrei andare, ma non so quale autobus devo prendere»
gemette piano.
«Oh…
Capisco. Ehm…» Si grattò la nuca, confuso. «Non ha mai pensato di chiedere
un’informazione a qualcuno?»
«Io…
veramente…» Lo guardò stupita. «Sa che forse ha ragione?»
«Vedrà,
prima o poi riuscirà a trovare la strada giusta.»
Troppo,
davvero troppo traffico
«Pronto, Oliver? Sono Karen. Sì. Guarda, c’è stato
un contrattempo. Adesso sono in taxi, e… Sì, dovevo prendere il treno. Sì,
infatti. Sì, quello che partiva due ore fa. Sì, avevo preso il biglietto in
anticipo. Sì, avevano solo i biglietti di prima classe. Sì, quelli che costano
di più. Sì, sono soldi buttati, lo so. Sì, mezzo stipendio… Ok, ok, Oliver,
ascolta, senti, non ho tutto il giorno e mi si scarica la scheda del cellulare.
Come ti ho detto sono in taxi, ma c’è traffico e non sono riuscita a prendere
il treno. No, non c’erano altri treni. No. E quindi non riuscirò ad arrivare in
tempo. No. Sì, certo che mi dispiace. Lo sai che ci tengo. No. Sì. Ecco. Appena
torno a casa vedo se riesco… Sì, il primo treno che trovo. Poi ti faccio
sapere, così ti dico l’orario di arrivo. Grazie. Ah, Oliver, puoi avvertire
Jason, al Centro, che per domani non ci son-.» Era caduta la linea. Credito
terminato. «Maledetta Balena grigia.»
«Che le
dicevo?» Il tassista le sorrise dallo specchietto. «La vita è ingiusta,
signorina, la vita è ingiusta.»
L’angolo
della posta: Caro Leonard
Caro
Leonard, ti scrivo per farti sapere che sto bene. Spero che tu abbia ricevuto
la mia lettera.
Qui le cose non sono cambiate molto. La
casa è ancora un continuo bisbiglìo. Una mattina ho sentito qualcuno che
parlava in cucina, ma quando sono scesa non c’era nessuno. E stamattina, mentre
facevo colazione, ho udito distintamente dei passi al piano di sopra. Non so,
forse mi sono immaginata tutto. Forse è la mia inquietudine, che si riversa in
ciò che mi circonda. Comunque sto bene.
Ho finalmente preso una risoluzione
definitiva. Ho deciso di iniziare da domani i lavori per sistemare questa
enorme e vecchia casa. Sono stanca della polvere e del disordine, sono stanca
delle porte che cigolano e del pavimento che scricchiola. Pian piano rimetterò
le cose a posto. La casa. Ho già in mente un’idea magnifica per il giardino. Ti
terrò aggiornato.
Un saluto, Virginia.
P.S: Rispondimi, se non ti è troppo di
disturbo.
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