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"In un presente non troppo lontano, una caccia spietata ha portato la Balena grigia sull'orlo dell'estinzione. Forse esiste ancora una speranza: l'ultima Balena. Toccherà a Frank, Karen, al vecchio Inyoshedo e ad altri inaspettati eroi il compito di salvarla. Riusciranno nell'impresa?"

giovedì 28 luglio 2016

III. L'avventura tarda a cominciare.


l sole si levò pigro, quel mattino, stendendo la sua calda luce rassicurante sulla campagna verde e rigogliosa, e dipingendo nel cielo mattutino i colori più vividi e brillanti. Ad ovest ancora ombreggiavano gli ultimi brandelli di tenebra notturna, non ancora sbiaditi dal calore dell’astro solare dorato e luminoso. La luce gioiosa dell’alba si stese sulle Colline Ridenti a sud, che digradavano dolcemente verso la pacifica Pianura Smeraldina, ancora più a sud. Il gorgogliare argentino del ruscello d’acqua sorgiva di montagna, che circondava l’umile villaggio, diffondeva nell’aria mattutina un dolce suono, cristallino come le sue acque che giungevano pure e incontaminate dalle lontane montagne dell’Est, le cui vette s’innalzavano possenti nel cielo limpido, bucando con le altissime cime frastagliate le soffici nubi biancastre.
    Il villaggio era illuminato dai raggi dorati del sole, e visto da lontano ricordava una perla chiara dei Mari Innevati del Tropico Alindariano, nonostante la distanza con il mare. Le abitazioni rifulgevano nella luce dorata del mattino come rocce bianche, le stesse rocce delle Cascate di Vardallakya, da cui la leggenda narra fosse sorta la Grande Sirena, che aveva portato la saggezza agli uomini delle Terre Medie della Contea di Owwiuksbaumeran Di Sopra.
    Il villaggio era abitato soltanto da famiglie di contadini: gente semplice e umile che si dedicava con dedizione e fatica al lavoro nei campi, tramandando l’arte agricola di generazione in generazione, fin dai Tempi Remoti Dell’Antichità. E così di padre in figlio, di nonno in nipote, la terra passava di mano in mano, e i campi coltivati producevano i loro frutti rigogliosi. Le donne aspettavano devote il ritorno dei mariti, filando la lana e rassettando la casa, e adoperandosi in tutti quei compiti che si addicono alle brave mogli. E così la vita trascorreva felice e serena, giorno dopo giorno, mese dopo mese, anno dopo anno, senza che nulla arrivasse a turbare la serena tranquillità del pacifico villaggio. Soltanto una volta era accaduto che la guerra giungesse a stendere la sua ombra terribile e malvagia.
    Era stato ai tempi della Prima Guerra del Grande Terrore Nerissimo Della Notte Buia, quando l’Armata Nera del Male Primitivo aveva portato la distruzione. Ma, fortunatamente, come narra l’Antica Leggenda dell’Eroe dell’Alba Divina, il Grande Eroe Arbedol Dell’Alba Divina, nato dal Fulmine e Dal Fuoco Sacro, aveva riunito le genti del villaggio attorno a sé, e grazie alle sue incredibili capacità di guerriero, ne aveva fatto un potente esercito, che, sotto la sua guida, era riuscito ad allontanare le mire malvagie del terribile nemico e a riportare ancora una volta la serenità sul villaggio e sulla pianura.
    Gli abitanti più anziani ancora ricordavano l’evento nelle storie tramandate di generazione in generazione, di cui la più famosa è la Grande Ballata di Erdal il Grande, che narra la vicenda della Grande Guerra, dalla sua conclusione al viaggio dell’Eroe Arbedol dell’Alba Divina, che dopo aver cambiato nome in Erdal il Grande, poiché Erdal, nell’antica lingua del popolo delle pianure nevose significa “grande-guerriero-che-combatte-valorosamente-in-battaglia-contro-il-grande-nemico-malvagio,-vincendo-vittoriosamente”, lasciò il villaggio e la sua umile gente devota, per ritirarsi in una vita di solitudine. Il Grande Eroe si diresse quindi verso i confini del Mondo, per trovare la pace in sé stesso, che troppe guerre avevano allontanato dal suo animo.
    La leggenda narra che il potente guerriero, giunto nei pressi della Sorgente di tutti i fiumi del Mondo, abbia intravisto la dolce Eryadonel, divina figlia di Esgardonnel e della ninfa Alifante, mentre faceva il bagno. Perdutamente innamoratosene, l’eroe chiese alla ninfa di prenderlo come suo sposo, ma ella fu costretta a rifiutare, a causa di una terribile e antica profezia che stabiliva che il giorno in cui ella fosse stata vista da un mortale, avrebbe dovuto abbandonare le Terre Conosciute e salpare verso il Limite del Mondo, per raggiungere finalmente la sua dimora divina che l’avrebbe accolta per l’eternità. L’eroe la pregò di restare, le promise mari e montagne, prezzemolo e rosmarino, ma ella rifiutò, pur essendosene follemente innamorata, sapendo che se avesse ceduto al cuore, il mondo sarebbe crollato nel caos e nella rovina più oscura.
    E le tristi parole che i due innamorati si scambiarono quel giorno rimasero in eterno a riecheggiare nella valle, ai piedi della cascata, e sono state scritte da Odelon il Bardo degli Dèi Superiori, nella Ballata Epica della Leggenda della Triste Vicenda d’Amore e Disperazione di Erdal ed Eryadonel la Splendente Stella della Sera:


«O amato, o sospirato amore»
Ella s’appella con dolorose parole,
«anch’io desidero il tuo cuore,
ma ahimè il Fato crudele e senza prole
mi riserva un più grande dolore
di qualsiasi sopportazione mortale»
«Ma Stella Splendente,
Aurora della Sera,
Luce del mio Tramonto,
Acqua che rinverdisce le pianure,
sole dei miei occhi,
io ti amo» grida Erdal l’Eroe.
«Ti amo come un musico
E il suo strumento,
come la terra arida la pioggia,
come la notte ama la luna.
Io per amor tuo posso portarti la luna»
«Ahimè, mio eroe. Ignori
il mio dolore nel lasciarti.
Come la luna abbandona la notte,
rincorsa dal sole ardente del mattino,
così anch’io stessa fuggo dall’amore tuo,
‘sì bruciante, che mi abbaglia
E mi fa impallidire.
Ma non per scelta
o per paura,
ma per terribile destino
io fuggo dal tuo abbraccio.
E piango. Piango
come la pioggia d’estate
che scende dal cielo
a ridare vita alla terra arida
e desolata.
E così io spero il mio pianto
e il mio dolore, tramutino
il destino mio avverso
in gioia e vita per altri.
Ora ti lascio e più non mi trattengo,
per non soffrire oltre il dolore
per la separazione.
Addio mio amato.»
«No, non andare!»
Ma le parole vane
riecheggiano vuote
nel buio.
E fu il silenzio.
E mai più i due si rividero
né in vita né
oltre.




Il giovane Tim ancora non si vedeva all’orario stabilito, e il saggio Santalf iniziò a spazientirsi.



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